Il medico legale Vittorio Fineschi, consulente della Procura di Roma, ha testimoniato nel processo contro quattro agenti egiziani riguardo alla morte di Giulio Regeni, dichiarando che il ricercatore italiano ha subito una serie di torture brutali in Egitto. Durante l’autopsia eseguita il 6 febbraio 2016 sul corpo di Regeni, sono emerse prove evidenti di torture, tra cui pugni, calci, bruciature, bastonate sui piedi e ammanettamento di polsi e caviglie. Fineschi ha sottolineato che le modalità di tortura riscontrate sul corpo di Regeni sono simili a quelle descritte nella letteratura scientifica egiziana, evidenziando due studi condotti sull’argomento nel paese. Tali studi riportano casi di persone torturate con pugni, calci, mazze e altre modalità violente. In particolare, è stata menzionata la pratica delle bastonate sui piedi fino alla frattura di tutte le ossa, simile a quanto riscontrato sul corpo di Regeni.
Il consulente ha criticato l’autopsia svolta in Egitto, definendola al di sotto degli standard minimi e caratterizzata da approfondimenti incompleti e poco approfonditi. Gli egiziani hanno attribuito la morte di Regeni a un ematoma cerebrale, ma tale causa non è compatibile con le prove raccolte durante l’autopsia effettuata successivamente in Italia.
Il tossicologo Marcello Chiarotti, a sua volta consulente della Procura, ha fornito ulteriori dettagli sulla stima del momento della morte di Regeni, indicando un intervallo compreso tra le 22 del 31 gennaio e le 22 del 2 febbraio 2016. Tutti gli accertamenti tossicologici condotti hanno escluso l’uso di droghe, farmaci o sostanze tossiche. Durante l’udienza, alcuni studenti del liceo Tito Lucrezio Caro di Roma hanno letto brani tratti dal libro “Giulio fa cose”, scritto dai genitori di Regeni. Paola e Claudio Regeni hanno ringraziato commossi gli studenti per il loro gesto, sottolineando la scelta significativa dei passaggi del libro che rispecchiano la personalità e gli ideali di Giulio.
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