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Volo MH370 Malaysia Airlines scomparso, nuovo elemento fa sperare: “Un segnale chiaro”

Pubblicato: 18/06/2024 16:00

Un enigma di cui non si è mai venuti a capo ma adesso, a distanza di oltre 10 anni, sembra esserci una flebile speranza per avere qualche elemento che faccia luce sul disastro aereo del volo MH370 della Malaysia Airlines MH370. Un team di ricercatori dell’università di Cardiff ha rilevato un segnale subacqueo che potrebbe condurre al luogo in cui giacciono i resti dell’aereo scomparso. Gli esperti hanno analizzato i dati ricavati dagli idrofoni, microfoni subacquei utili per captare rumori o segnali acustici in fondo al mare o a determinarne la direzione, che avrebbero raccolto un segnale di sei secondi nel momento in cui l’aereo, un Boeing 777-200ER, si è schiantato e inabissato nell’oceano con 239 persone a bordo.

Il Dr. Usama Kadri, esperto di matematica applicata, ha sottolineato che, sebbene il segnale non sia inequivocabile, rappresenta comunque una scoperta significativa. Secondo Kadri, l’energia cinetica rilasciata dall’impatto di un aereo da 200 tonnellate, come il Boeing 777, deve essere rilevata dai sensibili idrofoni situati a migliaia di chilometri di distanza. Nella loro ricerca, il team dell’Università di Cardiff ha identificato un segnale che coincide con il ristretto lasso di tempo in cui l’aereo avrebbe potuto schiantarsi nell’oceano registrato dalla stazione di Cape Leeuwin. “Un esercizio simile, utilizzando esplosioni o fucili ad aria compressa con livelli di energia equivalenti a quelli ritenuti associati all’MH370, potrebbe essere condotto lungo il settimo arco”, ha spiegato il ricercatore. “D’altra parte, se i segnali risultassero non correlati, ciò indicherebbe la necessità per le autorità di rivalutare l’intervallo di tempo o il luogo stabilito dalle loro ricerche ufficiali fino ad oggi” ha infine concluso l’esperto.
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La tragedia

A bordo c’erano 153 cinesi, 50 malesi (12 facevano parte dell’equipaggio), sette indonesiani, sei australiani, cinque indiani, quattro francesi, tre americani, due neozelandesi, due ucraini, due canadesi, un russo, un olandese, un taiwanese e due iraniani. Il volo scomparve quando, lasciando lo spazio aereo malese ed entrando in Vietnam, qualcuno nella cabina di pilotaggio spense manualmente il sistema di comunicazione e il segnale del transponder andò perso.Poco dopo, l’aereo cambiò rotta manualmente – non meccanicamente o con il pilota automatico – effettuando una brusca virata a sinistra e dirigendosi nuovamente verso sud-ovest sopra la penisola malese, per poi virare nuovamente e infine lasciare la zona radar.

L’ipotesi

Secondo l’indagine ufficiale, l’aereo ha volato per circa altre 6 ore verso l’Oceano Indiano finché, presumibilmente, senza carburante, è caduto in acqua, da qualche parte nell’oceano.
Le prove finora disponibili sono 27 pezzi recuperati dalle spiagge dell’isola di Reunion, del Mozambico, di Mauritius, del Sud Africa e dell’isola di Pemba (Zanzibar), solo tre dei quali appartengono “con certezza” all’aereo. La ricerca condotta da Malesia, Cina e Australia tra il 2014 e il 2017, che ha coperto circa 4 milioni di chilometri quadrati di superficie marina e 120.000 chilometri quadrati di fondale marino nell’Oceano Indiano, e un secondo tentativo nel 2018 da parte della società Ocean Infinity non sono riusciti a localizzare l’aereo. Ora questo nuovo elemento scoperto dai ricercatori dell’università di Cardiff, può portare un nuovo impulso alle indagini, cosa che le famiglie delle vittime, attendono ormai da dieci anni.

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