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Bozzoli, la Cassazione conferma l’ergastolo per il nipote: “Ha gettato lo zio nel forno della fonderia”

Pubblicato: 01/07/2024 19:26

La prima sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato l’ergastolo per Giacomo Bozzoli, il quarantenne condannato per aver ucciso lo zio Mario la sera dell’8 ottobre del 2015 nella fonderia di famiglia a Marcheno. Il ricorso avanzato dagli avvocati Luigi Frattini e  Franco Coppi è stato rigettato. La condanna a carico di Giacomo Bozzoli, non in aula a differenza delle udienze celebrate a Brescia, è diventata quindi definitiva. Assenti anche i figli e la moglie di Mario Bozzoli, rappresentati dagli avvocati Vanni e Vieri Barzellotti. In aula, tra il pubblico, Adelio Bozzoli, padre di Giacomo e fratello di Mario. 

Per Giacomo Bozzoli tra pochi giorni, sempre rimasto in libertà in questi nove anni, si apriranno le porte del carcere. La sera dell’8 ottobre del 2015 nella fonderia di famiglia, a Marcheno, ha ucciso lo zio e ne ha poi distrutto il corpo facendolo sparire nel forno grande.  Secondo i giudici di Brescia Giacomo ebbe la collaborazione degli operai Oscar Maggi e Giuseppe Ghirardini. Quest’ultimo, addetto al forno grande, era scomparso per essere ritrovato senza vita, avvelenato da una ‘ghianda’ di cianuro a Case di Viso, in Valle Camonica: l’altra faccia di un doppio giallo.
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Tutti gli elementi di prova convergono su Giacomo Bozzoli. Il luogo e l’ora in cui si trovava l’imputato: nel reparto forni, tra le 19.15 (dopo la telefonata di Mario alla moglie per avvertirla che si preparava a rincasare) e le 19.18, orario della fumata ‘anomala’ uscita dal forno grande, nel quale, secondo l’accusa e le sentenze, venne gettato il corpo dell’imprenditore. Lo spostamento delle telecamere interne perché riprendessero un punto ‘morto’ della fabbrica e non la scena del crimine. Il rientro di Giacomo nella fonderia, dieci minuti dopo averla lasciata, non per disporre un cambio di produzione ma per completare l’azione e fare scomparire il corpo. “Odiava lo zio e voleva ucciderlo, pianificava la sua morte da anni nei minimi dettagli”, era emerso durante i precedenti gradi di giudizio. “Lo zio, per il nipote, era colpevole sia di lucrare dalla società dei proventi sia di intralciare i suoi progetti imprenditoriali”.

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