Vai al contenuto

Nazionale in crisi, incubo mondiale: gli Azzurri saranno pronti in tempo?

Pubblicato: 01/07/2024 10:41

L’estate degli sport azzurri si è aperta con i grandi successi agli Europei di Atletica leggera, giocati in casa a Roma, e con un medagliere finale da record, che ha visto la nazionale trionfare con 24 medaglie complessive. Un risultato che fa ben sperare in vista delle Olimpiadi di Parigi in partenza il 26 luglio. Certo, tutto precario perché non si spende sulle strutture e al momento ci guidano i singoli. Allo stesso modo, le nazionali di calcio minori, Under 21 e Under 19, mietono importanti successi.
Leggi anche: Luciano Spalletti: migliaia di euro di contributi pubblici per il suo albergo e la società agricola

Ma lo psicodramma che coinvolge gli italiani, sempre meno in verità, è quello della nazionale maggiore. In crisi dalla poco onorevole eliminazione ai mondiali 2014 del Brasile, in cui gli azzurri non superarono il girone di qualificazione. Quello del famoso morso di Suarez a Chiellini. L’exploit della ricostruzione di Mancini, che ha portato alla storica vittoria del 2021, ha seguito alla crisi economica e tecnica del calcio italiano.

Per arrivare alla pessima Italia gestita da Luciano Spalletti, patrocinato da un Gabriele Gravina, presidente Figc, davvero refrattario alle dimissioni. A questo punto sta a loro prendersi la responsabilità del progetto 2026. Cosa serve alla nazionale maggiore per arrivare ai Mondiali in Canada, Messico e Usa.

Duro confronto tra Spalletti e i calciatori

Il clima tra Luciano Spalletti e i suoi giocatori è stato tutto tranne che pacato. Da una parte, una squadra che chiede certezze, schemi chiari e un gioco meno complesso. Dall’altra, un allenatore che pretende applicazione e dedizione totale. La tensione era palpabile e il campo ha riflettuto questa frattura. Quello che si è visto durante le partite non può essere spiegato solo con la difficoltà di attuare le richieste del mister. È mancato tutto, a partire dall’impegno, forse già latitante negli allenamenti.

In risposta a un giornalista svizzero, Spalletti ha paragonato la sua squadra a una Panda e la Svizzera a una Ferrari. Un’iperbole? Forse, ma il messaggio è chiaro: la nostra nazionale manca di grinta e di qualità. Senza leader, il gruppo si è trovato senza una guida carismatica. Ciò ha favorito la formazione di piccoli gruppetti interni allo spogliatoio, minando la coesione.

L’assenza di leadership

Uno dei problemi più evidenti è stata la mancanza di leader. Spalletti ha dovuto gestire una squadra priva delle figure di riferimento che potevano garantire ordine e disciplina. L’assenza di personalità come Bonucci e Chiellini ha lasciato un vuoto che non è stato colmato, creando una squadra frammentata. Alcuni giocatori hanno criticato la preparazione fisica, ritenuta non sufficientemente intensa, mentre altri hanno messo nel mirino la convocazione di Fagioli, che durante l’anno non ha giocato per la squalifica sul caso calcioscommesse. Analoga sorte per Tonali, il vero erede di Pirlo e Verratti, che è incappato in una doppia squalifica. Assenti anche il fragile Sensi, la sorpresa Pessina e il decaduto Locatelli. Ecco che il meraviglioso centrocampo del 2021 è stato spazzato via.

La sconfitta come liberazione

Il gol del 2-0 della Svizzera è stato accolto quasi come una liberazione. Sembrava che la squadra non aspettasse altro che il fischio finale per liberarsi dalla pressione di dover soddisfare le richieste del tecnico. Questo atteggiamento non scusa i calciatori, ma evidenzia una possibile pigrizia mentale o scetticismo verso il “calcio perimetrale” proposto da Spalletti.

Dopo l’eliminazione, la delusione dei tifosi è stata palpabile. L’addio al ritiro senza nemmeno un saluto ha aggravato la frustrazione di chi sperava in un riscatto. La gestione delle convocazioni ha lasciato perplessi: giocatori come Di Lorenzo, non brillanti nelle prestazioni, sono stati confermati mentre altri, che avrebbero potuto fare la differenza, sono rimasti in panchina o addirittura a casa.

Il supporto tecnico per Spalletti

La FIGC ha creato una commissione di tecnici per sostenere l’impiego dei giovani italiani nei club di Serie A e fare da direzione sportiva del Club Italia. Sollevando in questo modo Spalletti da alcune questioni organizzative. In un paese di 60 milioni di commissari tecnici, ogni decisione sarà oggetto di critiche e sospetti.

Il nostro calcio è sempre meno competitivo. I club puntano su giocatori stranieri, spesso non i migliori, aumentando gli ingaggi e cedendo ai capricci dei procuratori. I giovani talenti faticano a emergere, con poche eccezioni come l’Atalanta. Anche i successi delle squadre giovanili non trovano continuità nei club maggiori. I nostri giocatori sembrano sempre più fragili, come dimostrato dalle parole di Donnarumma sulla mancanza di unità e leader.

Le responsabilità di Spalletti

Accolto meno di dieci mesi fa come salvatore della patria, Luciano Spalletti, aveva risollevato la nazionale dando segnali importanti. Ora si trova nel mirino delle critiche. Prima gli si perdonavano le stravaganze lessicali, con analisi funamboliche che lasciavano mal di testa, ora tutto si ritorce contro di lui. Non sarà facile ricominciare dopo questo tonfo. Serve un progetto serio, radicale. Ma sono in grado Gravina e Spalletti di realizzarlo da qui al prossimo Mondiale? Al momento non sembra.

Gli stessi commentatori, che prima lodavano le scelte di Spalletti, ora gliele rinfacciano. “Troppi errori, caro Luciano. Troppi cambi, troppe indecisioni…”. E poi la preparazione atletica, i moduli, lo spirito di gruppo e i giocatori lasciati a casa. Tutte critiche legittime, per carità. Ma non sapevamo già che Spalletti è fatto così? Che gli piace un calcio troppo moderno e complicato per giocatori incapaci di ritradurre tutto sul campo?

Prima le sue parole erano Vangelo, ora sono follie da visionario. Prima era il tecnico rigoroso, ora è un dogmatico Savonarola che intristisce e deprime i giocatori. Prima era l’allenatore che aveva condotto il Napoli a uno scudetto fantastico, ora lo si accusa di non essere adatto per la nazionale. Ma Spalletti non è cambiato: è la nostra percezione che si è ribaltata alla prima sconfitta.

La crisi

La realtà è sotto gli occhi di tutti: il nostro calcio è sempre meno competitivo. Nei ruoli chiave delle nostre squadre, a parte qualche eccezione, ci sono solo stranieri. E spesso neppure i migliori. A furia di aumentare gli ingaggi, assecondare le follie dei procuratori e costruire squadre dove quasi nessuno parla la nostra lingua, siamo arrivati quasi a un punto di non ritorno. I nostri grandi club sono in mano a fondi stranieri interessati solo a guadagnarci.

Abbiamo buoni allenatori e un’ottima scuola giovanile. L’Under 17 ha vinto l’Europeo, l’Under 20 è stata seconda al Mondiale. Ma poi dove finiscono questi giovani? Solo l’Atalanta investe nei giovani, e si vede. Con questo materiale umano, è arduo mettere insieme una nazionale decente. E c’è un altro problema: questi ragazzi, a parte qualche eccezione, si sono dimostrati fragili.

Forse, alla fine, dovremmo tutti fare un passo indietro sulla passione per un calcio italiano, figlio ormai di una crisi socioeconomica e tecnica e ricordare che il calcio è solo un gioco. Un gioco importante, certo, ma pur sempre un gioco. E smettere di prendere tutto così dannatamente sul serio potrebbe essere il primo passo verso una rinascita. Non solo del calcio, ma anche del nostro modo di vivere e di tifare.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Ultimo Aggiornamento: 01/07/2024 13:26