È cominciato oggi l’incidente probatorio nell’ambito del processo all’operatrice socio-sanitaria rimasta incinta del suo allievo di ripetizioni di 15 anni. La donna ha dato alla luce un figlio 7 mesi fa e le analisi del Dna hanno dimostrato che sarebbe figlio del ragazzo.
Interrogatorio in videoconferenza
Il giovane è stato ascoltato oggi, in un interrogatorio privato della durata di 3 ore, in cui ha ricostruito i rapporti tra lui e la donna. Ad ascoltare questo interrogatorio (ma non presenti nella stanza, bensì collegati in videoconferenza) c’erano i legali della donna e quelli della famiglia del ragazzo.
La donna vuole farsi curare
Ad Adnkronos l’avvocato Mattia Alfano, che assiste la donna, ha dato informazioni sull’attuale stato psicologico della donna: “Non cerchiamo chissà cosa, la mia assistita ha manifestato la volontà di potersi curare e le dispiace di non poter iniziare questo percorso tra l’altro già individuato. Ascoltiamo le domande del giudice e il racconto del ragazzo, poi eventualmente faremo le nostre considerazioni. Andiamo avanti per la verità”. La donna starebbe quindi prendendo consapevolezza di quanto accaduto e vorrebbe curarsi con un percorso psicoterapeutico ad hoc. Il ragazzo, durante l’interrogatorio, è apparso sereno agli occhi dell’avvocato della donna ed avrebbe “risposto a tutte le domande”.
La donna è ai domiciliari
Sulle ripercussioni giudiziarie per la donna, il suo avvocato conclude: “Abbiamo la nostra versione dei fatti, certo la testimonianza del ragazzino è importante. Faremo poche domande, per rispetto del minorenne. Certo, ci dispiace che non abbiano revocato i domiciliari”. La donna è infatti agli arresti domiciliari come confermato dal tribunale del Riesame, che non avrebbe concesso la revoca a prescindere dalle esigenze della donna, che sta accudendo il figlio nato 7 mesi fa. l tempo, il legale aveva spiegato: “la nostra assistita deve accudire il figlio più piccolo in modo completo, non solo in casa ma anche all’esterno e dunque la misura cautelare complica la situazione”. Per perorare la causa, il legale aveva anche dichiarato: “La nostra assistita non ha mai frequentato siti pedopornografici. Non ci sono pericoli di reiterazione del reato e dunque devono essere revocati gli arresti domiciliari”.