Doccia fredda per le 5 Regioni che avevano presentato ricorso in merito al Decreto Sicurezza. Nella prima serata di oggi è arrivata la delibera della Corte Costituzionale che ha dichiarato inammissibili i suddetti ricorsi. Per le motivazioni della sentenza, bisognerà attendere le prossime settimane quando questa sarà depositata.
Decreto Sicurezza: ricorsi inammissibili
La Corte Costituzionale si è espressa in merito ai ricorsi presentati da Calabria, Emilia Romagna, Marche, Toscana e Umbria relativi al Decreto Sicurezza. Nei ricorsi le Regioni lamentavano una violazione delle loro competenze che la Corte ha deliberato come esclusive dello Stato. Il punto maggiormente dibattuto è proprio quello in merito ai migranti e alle politiche migratorie come iscrizione all’anagrafe, permessi di soggiorno, richiedenti asilo e Sprar.
A fare ricorso, per poi ritirarlo, c’erano anche Piemonte, Basilicata e Sardegna. Duro il commento del presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, come riporta ADNKronos: “Prendiamo atto della sentenza della Corte, che non è entrata nel merito della legittimità costituzionale delle norme” e poi continua con tono battagliero, “Si tratta soltanto del primo tempo della battaglia”.
Il comunicato della Corte Costituzionale
Tramite un comunicato stampa è stato reso noto che i giudici non hanno ritenuto che le nuove norme incidessero sulle competenze regionali, essendo in realtà statali; da qui appunto l’inammissibilità.
Come riporta ADN: “La Corte ha ritenuto che le nuove regole su permessi di soggiorno, iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo e Sprar sono state adottate nell’ambito delle competenze riservate in via esclusiva allo Stato in materia di asilo, immigrazione, condizione giuridica dello straniero e anagrafi (articolo 117, secondo comma, lettere a, b, i, della Costituzione), senza che vi sia stata incidenza diretta o indiretta sulle competenze regionali”
Il ruolo dei prefetti
La Corte Costituzionale, esaminando anche il titolo II del Decreto Sicurezza, ha anche ritenuto che i prefetti hanno la possibilità di sostituirsi ai sindaci se la condizione lo richiede; decisione che è stata però contestata dalla Consulta che denuncia una violazione dell’autonomia costituzionalmente garantita a Comuni e Province.