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Clemente Mimun sfoga la rabbia per l’ictus: “Penso a quello che ho perso”

Pubblicato: 06/08/2019 18:19

Era il 24 giugno del 2011 quando Clemente Mimun veniva colpito da un ictus. Un momento durissimo per il direttore del TG5, che in un’intervista a Il Giornale sfoga e confessa le sue intime sensazioni. Dopo 8 anni, Clemente J. Mimun racconta le conseguenze della malattia: lo fa con amarezza e senza tanti giri di parole. In lui, la rabbia non ha ancora lasciato posto alla rassegnazione.

Mimun furioso per sé e per Lamberto Sposini

Clemente Mimun non si sente fortunato. È sopravvissuto e poteva andargli anche peggio, su questo non ci sono dubbi: l’ictus, però, l’ha segnato profondamente. Ora non riesce più ad usare come prima la parte sinistra del corpo. “Non penso a quello che mi è rimasto, penso a quello che ho perso. E quando sento quelli che ringraziano Dio, mi chiedo di che cosa lo dovrei ringraziare” dichiara Mimun, disilluso e furibondo. “Quando sono stato fulminato sono stato preda di pensieri molto, molto cupi. Da bomba d’energia quale ero, mi sono ritrovato ad essere semi paralizzato” continua il giornalista, nel ricordo del drammatico momento. Un pensiero va anche all’amico e collega Lamberto Sposini, colpito da emorragia cerebrale nel 2011. La vicinanza affettiva nei confronti dell’amico non fa che aumentare la rabbia di Mimun, furioso per sé e per Sposini.

Il lavoro continua, ma niente Harley Davidson

Clemente Mimun può ancora lavorare dopo l’ictus e, anzi, vuole a tutti i costi continuare a lavorare: “Io ho il culto del lavoro, è la mia passione, non ne posso fare a meno. Alla mattina mi alzo contento perché so che andrò a lavorare”. Mentalmente è sempre lucido e attivo. Purtroppo ha dovuto abbandonare l’idea di sfrecciare sulla Harley Davidson, ma per il resto il suo stile di vita non è mutato troppo. Ha ripreso anche a fumare. Importante, durante il periodo di ripresa dall’ictus, è stato il sostegno della famiglia, dei dottori, degli amici e colleghi, della dirigenza Mediaset e anche di Silvio Berlusconi.