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Gli errori della mente: siamo sicuri di usare bene il cervello?

Pubblicato: 13/08/2021 08:37

Il tema dell’intelligenza linguistica è strettamente collegato al tema dei nostri comportamenti. Ovvero: il modo in cui parliamo dichiara i nostri schemi mentali e le nostre preferenze comportamentali. Quindi, e questa è una cosa molto utile e molto interessante, noi possiamo avere un’idea di quello che pensiamo realmente e, anche, dei nostri vizi mentali grazie appunto all’analisi del nostro linguaggio.

Perché questo è utile? Per il semplice motivo che ogni giorno siamo chiamati a prendere numerose decisioni e queste decisioni sono spesso il frutto di veri e propri errori di ragionamento. Nella misura in cui, invece, ci rendiamo conto di essere in procinto di compiere un errore, allora possiamo come minimo intervenire e applicare nuovi comportamenti. Val la pena sottolineare una cosa: gli errori che il cervello compie sono automatismi che non possono essere evitati. Possono però essere riconosciuti e quindi gestiti. Scopriamo insieme, dunque, alcuni di questi simpatici errori. 

Self serving bias: quando la sorte non centra e il merito non è tutto nostro

Uno degli errori più tipici compiuti dal cervello umano e che rappresenta un vero e proprio ostacolo alla nostra crescita personale e al nostro miglioramento è il cosiddetto self-serving bias, ovvero l’errore che consiste nell’attribuire a noi stessi meriti che non sono necessariamente solo nostri e nell’attribuire alla sorte o ad agenti esterni la responsabilità dei nostri insuccessi.

È un bias pericoloso, perché nella misura in cui non abbiamo piena coscienza di essere responsabili dei risultati che conseguiamo nella nostra vita è anche poi difficile prendere gli adeguati provvedimenti. È un bias di uso comune e ne troviamo tracce linguistiche praticamente ovunque. Quando la nostra squadra del cuore vince, ad esempio, diciamo cose del tipo “abbiamo vinto”, oppure “abbiamo davvero giocato una grandissima partita”. Quando perde, invece, ecco che le frasi cambiano: “hanno giocato male”, “non possono giocare in quel modo”, fino alla tipica e immancabile “arbitro cornuto” (raramente lo stesso arbitro è cornuto quando assegna a “noi” un rigore dubbio, mentre lo diventa immediatamente quando assegna a “loro” un rigore altrettanto dubbio. Decidetevi: sua moglie gli mette le corna oppure no?).
Altri esempi? Facile: “ho preso 9”, grida il bambino tutto contento quando ha portato a casa un bel voto. “Mi ha dato 4”, sussurra invece quando le cose non sono andate proprio benissimo: “ho preso” e “mi ha dato”, ecco il nostro bias in tutto il suo splendore. Difficile migliorare se in testa abbiamo l’idea che “mi ha dato 4” invece di “ho preso 4”. Oppure: “tuo figlio oggi ne ha combinata una” contrapposta a “nostro figlio è proprio bravo”.

Oppure, ed ecco due delle frasi più pericolose in assoluto: “per sfortuna” e “per fortuna”. In entrambi i casi, c’è un problema, visto che fortuna e sfortuna non esistono e attribuire al fato la responsabilità dei nostri fatti è molto poco intelligente, anche se comodo. 

Overconfidence: succede anche a te

Altro errore mentale clamoroso è quello chiamato “overconfidence”, che consiste nel sovrastimare le nostre capacità rispetto a un determinato contesto. È un errore delicato, perché ci espone alla fregatura e al fallimento: se io credo di essere troppo bravo rispetto a un compito, rischio di sottostimare la portata dell’impegno richiesto. È il bias che caratterizza molti pensatori positivi alla maniera di “andrà tutto bene” e “dai che ce la fai”: troppa positività conduce su strade alquanto pericolose. Da cosa riconosciamo la presenza nel nostro cervello di questo malefico bias? Basta dire frasi come “a me non capiterebbe mai”, oppure “ah, io non ci sarei mai cascato”, oppure “ma sì, è facile, che cosa vuoi che sia”. Questo genere di pensieri dichiara un abbassamento della soglia di attenzione e, quindi, come dicevamo, ci espone al pericolo. Nel caso in cui vi scopriste a dire frasi come quelle sopra citate, fermatevi e fate un bel respiro, e poi ripensate alla situazione che dovete affrontare e ditevi che, tutto sommato, potrebbe succedere anche a voi. 

Lo status quo: quando le abitudini vincono sul cambiamento

Lo status quo rappresenta spesso la morte dell’evoluzione. Eppure, siamo ad esso (di solito) molto affezionati, anche a causa del modo di lavorare del nostro cervello che preferisce le abitudini e mal sopporta le novità (imparare e battere nuove strade costa fatica). Il bias dello status quo è appunto il vizio mentale che ci fa restare troppo attaccati alle cose così come sono sempre state, anche se questo attaccamento è del tutto irrazionale e immotivato. “Eh, ormai è fatta”. Oppure: “Eh, abbiamo sempre fatto così”. Oppure, “adesso ormai è tardi per cambiare”. Oppure: “già che ci siamo”. Oppure: “Siamo in ballo, balliamo”.

Vero è che quando si balla spesso si deve poi continuare a ballare, ma a volte avere la libertà di smettere anche qualcosa che abbiamo già iniziato è un dono che può rendere la nostra vita più interessante. È un vizio che ci impedisce di progredire e crescere e quindi va debellato: quando vi rendete conto di pronunciare una o più delle frasi seguente, di nuovo, fermatevi e fate un bel respiro. Poi, cambiate direzione mentale e pensate che il proverbio “chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quello che lascia ma non sa quello che trova” è un proverbio scritto da qualcuno molto pigro. E molto pusillanime. 

Ultimo Aggiornamento: 14/01/2022 10:58