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Quanta acqua occorre per produrre quello che mangiamo: tra carne e verdura, lo studio che svela i numeri

Pubblicato: 01/09/2021 10:37

Produrre cibo ha un impatto molto importante sulla quantità di acqua che consumiamo ogni giorno: si chiama Water Footprint ed è un “costo” in termini di acqua associato a ciascun alimento, dalla carne alle verdure. Quanto oro blu è impiegato per portare pietanze sempre diverse sulle nostre tavole?

Acqua e impronta idrica, gli alimenti con maggiore impatto

La water footprint, traducibile come “impronta idrica” degli alimenti, è l’insieme di tutta l’acqua dolce necessaria durante il ciclo di produzione di un determinato cibo. L’acqua non viene utilizzata tutta nello stesso momento, perciò si tratta di un calcolo virtuale basato sui passaggi e i consumi standard della filiera che possono avere conseguenze a livello ambientale e sociale.

Secondo gli studi condotti dalla Water Footprint Network, presso la University of Twente, la produzione di carne è quella che paga un prezzo più alto in termini di acqua. Oltre a essere responsabile del 15% delle emissioni di gas serra derivate da attività umane, si stima che occorrano 2×10^31 (un numero composto da 31 zeri) litri di acqua ogni anno per sostenere la produzione di carne in tutto il mondo. In base a tali studi, è stato determinato che 1/3 dell’acqua consumata è destinato all’allevamento dei bovini da carne e 1/5 a quello dei bovini da latte. In particolare è emerso come il 98% dell’acqua serva a produrre mangimi e appena l’1,1% per dare da bere agli animali.

Acqua, che cos’è l’impronta idrica degli alimenti

Il Water Foot Print Network, per calcolare l’impronta idrica, considera la somma di tre componenti differenti:

  • Green water, cioè la quantità di acqua piovana evapotraspirata dal suolo e dalle coltivazioni. Si tratta della componente con maggior peso, perché varia in base alle aree, alle stagioni ed è condizionata anche dal cambiamento climatico;
  • Blue water, ossia le acque di superficie come corsi d’acqua e falde acquifere che vengono impiegate lungo la filiera, senza quindi essere restituite al terreno;
  • Grey water, cioè l’acqua inquinata dalla filiera. Viene calcolata sulla base del volume che sarebbe necessario per ripristinare l’equilibrio ecologico e gli standard di qualità naturali.

In questo senso è emerso come l’impronta idrica della carne di manzo ammonti a 15.400 litri di acqua al kg, mentre quella della carne di maiale si attesta a 6.000 l/kg e quella di pollo richieda 4.300 l/kg. Secondo lo studio, invece, per produrre verdura occorrono in media 300 l/kg di acqua. Considerando le proteine che possiede ciascun alimento, la carne animale ha un’impronta idrica in media superiore di 20 volte rispetto ai cereali e alle patate.

Acqua, quanta ne serve per produrre i cibi che mangiamo

Per quanto riguarda il consumo di carne, secondo la rivista Science si è registrato un aumento da 23 kg all’anno nel 1961 a 43 kg nel 2014. In buona sostanza, è quasi raddoppiato in appena mezzo secolo, provocando un aumento di 4 o 5 volte dei ritmi di lavoro di questa industria, a partire dal 1961. Il consumo di carne inoltre aumenterebbe in relazione alla crescita della popolazione e a quella del reddito medio individuale. Le conseguenze potrebbero rafforzare la crescita di emissioni inquinanti e la perdita di biodiversità: lo studio evidenzia infatti come gli animali da allevamento siano il 60% dei mammiferi terrestri.

È possibile calcolare l’impronta idrica di alcuni cibi che consumiamo regolarmente tutto l’anno. Ecco qualche esempio:

  • Uova 3.300 l/kg
  • Latte  1.020 l/kg
  • Mela: 822 l/kg
  • Burro: 5.553 l/kg
  • Pasta: 1.849 l/kg
  • Banane: 790 l/kg
  • Vino: 870 l/kg
  • Pomodori: 214 l/kg
  • Caffè: 18.900 l/kg
  • Olive: 3.015 l/kg
  • Lattuga: 5.520 l/kg