La speranza è l’ultima a morire, dicono, e non poteva essere più vero per Mark Dickey, lo speleologo che, dopo nove giorni di buio assoluto, è stato tratto in salvo dalla grotta della Morca, nei pressi di Anamur, sulla costa meridionale della Turchia. Ereditando l’infausta fortuna di uno stomaco perforato da un’ulcera, la sua avventura poteva facilmente trasformarsi in tragedia. Dickey è stato liberato alle 23:35, grazie ai tempestivi sforzi di una coalizione internazionale di soccorritori. A fronte delle previsioni iniziali che puntavano al salvataggio il giorno successivo, la rapidità d’azione è stata incentivata dalla minaccia delle forti piogge previste sulle alture del Tauro.
La rete internazionale di soccorso
Sono stati 176 gli angeli che, provenienti da Italia, Ungheria, Croazia, Polonia e Bulgaria, hanno braccato la grotta sperduta dell’altopiano del Tauro, sfidando condizioni estreme: dal buio opprimente all’umidità, all’aria viziata e temperature prossime allo zero. Fabio Cattaneo, un valoroso membro del Soccorso alpino e speleologico italiano, ha narrato la tensione palpabile dell’operazione, enfatizzando le sfide fisiche simili a quelle di un salvataggio in alta montagna. Ogni singolo dettaglio aveva la potenziale gravità di una questione di vita o di morte.

La sorprendente resilienza di Dickey
Malgrado le sue gravi condizioni, Dickey ha mostrato un’ammirevole forza di volontà, contribuendo attivamente alla propria salvezza. La sua prontezza di spirito e cooperazione ha permesso di guadagnare ore preziose, accelerando un’operazione altrimenti dilatata nel tempo. Racconta Maurizio Dellantonio, presidente del Soccorso alpino, di come la grotta sia stata attrezzata con doppie corde e tende per facilitare il salvataggio e assicurare il riposo di Mark e dei soccorritori. Eppure, nonostante le sfide, il tempo era l’avversario più formidabile.
Una storia che ha toccato il cuore
Tutto è iniziato il 2 settembre, quando Dickey, avventurandosi nella Morca, ha iniziato a sentirsi male. Da lì, una corsa contro il tempo ha preso il via. Con le comunicazioni iniziali difficili, è stata Jessica, la fidanzata di Dickey, a portare la prima luce di speranza, confermando che Dickey fosse ancora in vita.
Con la determinazione e l’ingegno della task force di soccorso, uniti alla tenacia di Dickey, una storia che avrebbe potuto terminare in tragedia si è trasformata in un racconto di speranza, resilienza e solidarietà internazionale.