Vai al contenuto

Tra vuoto avanguardismo e inutile estetismo, c’era una volta la cucina italiana…

Pubblicato: 13/06/2024 19:29

C’era una volta la ristorazione italiana, quel baluardo di genuinità e di cultura gastronomica che ci invidiavano in tutto il mondo. Oggi, tuttavia, mi duole constatare come questo settore, un tempo nobile, stia scivolando sempre più in una spirale di mediocrità e corruzione. Non sono qui a tessere lodi scontate, ma a puntare il dito contro le ombre che offuscano il nostro panorama enogastronomico.

Iniziamo con l’invasione delle mode effimere e del marketing spietato che hanno trasformato le nostre cucine in teatri di apparenze. Dove una volta regnava la sostanza, oggi imperano le finzioni. I menù si riempiono di termini esotici e tecniche culinarie avanguardistiche che, sotto la patina di modernità, nascondono una desolante mancanza di sostanza. Piatti decorati con fiori edibili e schiume insipide, che accontentano gli occhi ma tradiscono il palato.

Ingredienti scadenti per profitti facili

E poi c’è il problema, ben più grave, della qualità degli ingredienti. Quanti ristoratori hanno ceduto alla tentazione del profitto facile, sacrificando la qualità sull’altare del guadagno? Troppi, purtroppo. Le nostre tavole sono invase da prodotti industriali di dubbia provenienza, ingredienti a basso costo e scarsa freschezza, che fanno rimpiangere i sapori autentici di un tempo. E mentre i clienti pagano conti salati, la sostanza nel piatto si fa sempre più esile.

Non meno allarmante è l’abuso del concetto di “tradizione“. Quanti ristoranti si fregiano di etichette come “autentico” o “tipico“, solo per mascherare mediocrità e pigrizia creativa? Troppi chef indossano il manto della tradizione come un’armatura, per poi servire piatti che della tradizione hanno solo il nome. Così, la cucina regionale viene sfruttata e banalizzata, ridotta a caricatura di se stessa.

Un’altra nota dolente è il servizio, quel fondamentale complemento dell’esperienza culinaria che oggi sembra in via di estinzione. Camerieri improvvisati, sbrigativi e spesso maleducati, che trattano i clienti come fastidiosi disturbatori anziché come ospiti da accogliere. L’arte dell’ospitalità, un tempo vanto del nostro paese, è sempre più rara, sostituita da un freddo e distaccato mestiere.

Non possiamo infine ignorare il triste destino della nostra enogastronomia, vittima della massificazione e del marketing spregiudicato. Vini senza anima, prodotti in serie per soddisfare le esigenze del mercato globale, hanno preso il posto delle eccellenze artigianali. Le grandi etichette, acquisite da multinazionali, hanno perso il legame con il territorio, diventando ombre sbiadite di ciò che erano. E mentre i critici straparlano di bouquet e sentori, il vero profumo del vino italiano si disperde nel nulla.

La ristorazione italiana è in pericolo, soffocata dalla mediocrità e dalla falsità. Non possiamo più permetterci di chiudere gli occhi di fronte a questa decadenza. È tempo di riscoprire l’autenticità, di valorizzare la qualità, di rispettare veramente la tradizione e di riportare la dignità nel servizio. Solo così potremo salvare la nostra cucina e il nostro vino, restituendo loro quel posto d’onore che meritano nel panorama enogastronomico mondiale. E, forse, tornare a raccontare una storia di cui essere veramente orgogliosi.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Ultimo Aggiornamento: 13/06/2024 20:57