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Flop nazionale, la certezza di Italo Cucci: “Un ammutinamento mai visto”

Pubblicato: 02/07/2024 10:16

Quello agli Europei 2024 “è stato quasi un ammutinamento verso tutto e verso tutti. Non ho mai visto una squadra azzurra giocare, anzi non giocare, in quel modo”. Parola di Italo Cucci, classe 1939, storico direttore del Guerin Sportivo e del Corriere dello Sport – Stadio. Una specie di scatola nera dei ricordi azzurri, specie quelli negativi, dato il periodo. L’intervista fiume con Libero e le speranze cui aggrapparsi.
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L’almanacco delle disgrazie calcistiche della Nazionale

Per Cucci la prima disfatta ha un’assonanza con quella attuale, dato l’avversario. È quella dei «mondiali del 1950. Ero ancora un bambino e mi raccontarono che quel doloroso ko arrivò in modo comico. Per paura dei viaggi aerei, visto che la tragedia di Superga era ancora fresca, la nazionale si trasferì in Brasile in piroscafo. Fu un viaggio infinito, gli azzurri si allenavano sul ponte di comando della nave e tutti i palloni finirono in mare. Ai mondiali perdemmo con la Svezia e tornammo subito a casa».

Il primo ko azzurro vissuto dal vivo. «Al mondiale in Cile ’62. Ero là come giovane inviato e, causa un paio di articoli disgraziati vergati da due colleghi italiani contro il Cile, ce la fecero pagare in campo. L’arbitro Aston fischiò a senso unico nella sfida con i cileni. Ci picchiarono anche, finì 2-0 per loro e addio speranze».

Poi la madre di tutte le disfatte: la Corea a Inghilterra 1966. «Era la partita decisiva per passare ai quarti, Fabbri mandò il vice, Valcareggi, a spiare gli allenamenti dei coreani. “Si muovono come Ridolini”, sentenziò Ferruccio. Si infortunò subito Bulgarelli e giocammo in dieci perché non erano state ancora introdotte le sostituzioni. Trafitti da una saettata di Pak Doo-ik, tornammo a casa presi a pomodori».

Passando per l’incomprensibile staffetta Mazzola-Rivera del 1970 e l’Azzurro tenebra del ’74, si arriva al 1986, con la caduta dei campioni del Mundial. “Bearzot visse un momento di debolezza e affondò con i suoi cavalieri che avevano fatto l’impresa a Spagna ’82. Dopo quel trionfo suggerii a Enzo: lascia, accetta l’offerta che ti è arrivata dalla nazionale degli Emirati Arabi. Ma Bearzot, friulano romantico e testardo, non mollò gli azzurri».
La storia recente arriva al 1990, con la tragedia di quella che Cucci definisce “in trasferta a Napoli, con il pubblico tutto dalla parte di Maradona”, e nel 1994 l’errore di Baggio, secondo il giornalista costretto a giocare su pressione degli sponsor.

Il declino dopo la prima decade del 2000

Al mondiale 2002 subimmo una “rapina a fischietto armato”, ma è in Sudafrica, nel 2010, che è incominciato il vero declino che ha portato alla situazione attuale. «La convinzione che maturai su Lippi. Non bisogna mai tornare sul luogo del trionfo, così come aveva fatto Bearzot nel 1986. L’unico grande allenatore che è riuscito a vincere due mondiali, e di seguito, con la nazionale è stato Vittorio Pozzo: nel 1934 e nel 1938». Da allora abbiamo vinto un solo Europeo, nel 2021, ma ne abbiamo persi tre. Poi subito fuori in due mondiali e non ci siamo qualificati in altre due occasioni. «In quel 2010 ho deciso di chiudere la mia lunga storia di inviato ai mondiali e agli Europei, quasi presagissi quello che stava accadendo alla nostra amata nazionale».

L’ammutinamento a Euro 2024

A mente fredda, che idea si è fatto del crollo con la Svizzera? «Che è stato quasi un ammutinamento verso tutto e verso tutti. Non ho mai visto una squadra azzurra giocare, anzi non giocare, in quel modo. A parte Donnarumma e Calafiori, chi salvare? Nessuno». E su Spalletti: «La convinzione è sempre la stessa: non si può allenare la nazionale con la mentalità e la strategia di un tecnico da club».

Il futuro della Nazionale

«Affidare la squadra non a un allenatore che viene dal campionato e che pretende tempo per stare con i giocatori e per imporre le proprie idee. Bisogna mettere alla guida degli azzurri un selezionatore. Una persona che provenga dai quadri federali e che sia in grado di guidare la nazionale in pochi giorni. Che selezioni, non che alleni». Era così anche per Bearzot e Valcareggi. «E, caso strano, uno ha vinto un mondiale e l’altro un Europeo».

La speranza è «nelle nostre meravigliose nazionali giovanili, la Under 17 e la Under 19, stanno ottenendo successi». Tra loro il bomber «Francesco Camarda, mi dicono abbia segnato 483 gol nelle giovanili del Milan e nelle altre squadre in cui ha giocato. Ha 16 anni ma ricordo che a quell’età debuttarono in nazionale Renzo Vecchi, detto il Figlio di Dio, e Gianni Rivera, detto il Golden Boy».

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Ultimo Aggiornamento: 02/07/2024 10:40