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Bestie di Satana, Andrea Volpe si racconta: “Avrei ucciso ancora, per me le persone erano oggetti”

Pubblicato: 31/10/2024 17:54

Andrea Volpe, uno dei membri delle famigerate Bestie di Satana, un gruppo di adoratori del demonio autori di crimini efferati e omicidi racconta la sua storia e il tentativo di redenzione in un’intervista rilasciata a Repubblica. Oggi, all’età di 48 anni e dopo aver scontato 16 dei 20 anni di condanna per i crimini commessi, Volpe riflette sui suoi errori, affermando che “non sarò mai in pace”, e che è giusto così.

Il suo nome è legato a una delle vicende più inquietanti della cronaca nera italiana: quella appunto delle Bestie di Satana, gruppo satanista responsabile di brutali omicidi negli anni ’90 e nei primi anni 2000. Crimini che sconvolsero il Paese per la loro componente di sadismo e per il contesto di devianza che li circondava.

La spirale di violenza e i delitti delle Bestie di Satana

Volpe e gli altri membri delle Bestie di Satana sono stati protagonisti di uno dei capitoli più oscuri della nostra storia criminale. Le loro azioni tremende, fra cui torture e omicidi, furono giustificate all’interno del gruppo come rituali satanici. Volpe stesso ricorda quanto fosse profonda la de-umanizzazione delle sue vittime.

L’uomo ha affidato a un libro la memoria di quei giorni tragici. “Fabio e Chiara (due delle vittime, ndr) erano come oggetti per me. […] Non mi fregava nulla di averli ammazzati”. Volpe ha poi ammesso che la morte di Mariangela, sua ex ragazza, fu un momento particolarmente doloroso: “Il pensiero va a lei ogni giorno. Per nove anni avevamo vissuto un attaccamento malato: lei di me, di noi, sapeva tutto. Non la sentivo come una minaccia, ma c’era questa ossessione: dalle Bestie non ci si poteva allontanare”.

Dopo l’arresto di Volpe e dell’amico Nicola Sapone, il gruppo si sfaldò, ponendo fine alla spirale di violenza. Ma Volpe è convinto che, senza l’intervento delle forze dell’ordine, avrebbe compiuto altri omicidi: “Se non mi avessero preso, io avrei continuato a uccidere. Dico di più: se non avessi incontrato le Bestie e gli altri, avrei ucciso comunque”.

La riscoperta dell’amore e la lenta ricerca di una “vita normalissima”

Negli anni di detenzione, Volpe ha intrapreso un percorso di psicoterapia e ha iniziato a confrontarsi con il peso dei suoi crimini. In questo periodo ha anche incontrato Sebastian, suo marito, oggi malato terminale di Aids. Per Volpe, il legame con Sebastian è stata la prima esperienza autentica di amore, un sentimento che prima gli era estraneo.

“Prima di Sebastian non sapevo cosa fosse l’amore. […] È grazie a lui che sto capendo finalmente cosa vuol dire perdere la persona che ami”. Questo rapporto, nato in un contesto di sofferenza, ha avuto un impatto profondo su di lui, permettendogli di sviluppare empatia e di comprendere, seppur tardivamente, il dolore che ha inflitto ai familiari delle sue vittime.

Nonostante le difficoltà, Volpe cerca ora di costruire un futuro lontano dall’oscurità del suo passato, sostenuto anche dalla psicoterapia, che per lui rappresenta un vero e proprio rifugio: “Non un luogo, non quattro mura. Sono le persone che per la prima volta si sono davvero interessate a me, a chi sono, a cosa ho sofferto”.

Il peso del passato e l’impossibilità di cancellarlo

Pur desiderando una vita tranquilla, Volpe è consapevole che il passato lo accompagnerà per sempre. Non ha mai voluto cancellare i tatuaggi legati al suo periodo nelle Bestie di Satana, considerandoli parte della sua storia: “Non potrei farlo. Non per i riti, il diavolo, o i tatuaggi, che ho deciso di non togliere proprio perché sarebbe ingiusto cancellare. […] Sarebbe pericolosissimo. Potrei ricaderci”.

Volpe si dice consapevole che il peso dei crimini commessi resterà sempre con lui, impedendogli di trovare pace: “Per quello che ho fatto, in pace non sarò mai. Ed è giusto così”. Questo percorso di consapevolezza non cancella il dolore delle vittime né concede alcuna forma di redenzione, ma è una tappa indispensabile verso la ricostruzione di un’umanità per troppo tempo perduta. Intanto i parenti delle persone uccise dai componenti dalle Bestie sono indignati per la pubblicazione del libro, e accusano Volpe di “voler lucrare sul nostro dolore“.

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