
Una tragedia che lascia senza parole è avvenuta a Orbassano, in provincia di Torino. Alessandro Giacoletto, medico di famiglia di 64 anni, e sua moglie Cristina Masera, farmacista di 59 anni, hanno deciso di mettere fine alla loro vita. Il dolore per la perdita della figlia Chiara, morta suicida due anni fa, si è rivelato troppo grande da sopportare.
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Chiara, 28 anni, si era tolta la vita nel 2022 dopo aver lottato contro i fantasmi di un passato segnato dagli abusi di un parente. La giovane aveva sofferto per anni di ansia e attacchi di panico, fino alla tragica decisione.
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Un dolore insopportabile
Alessandro e Cristina non hanno mai superato quella perdita. Nei primi giorni di dicembre, avevano raccontato il loro dramma in un’intervista al giornale locale L’Eco del Chisone. “Non chiamatelo suicidio,” avevano detto riferendosi alla morte di Chiara, “chi si toglie la vita a causa di una violenza è vittima di un omicidio psichico. Il suo aguzzino è un assassino.”
Cinque giorni dopo quelle parole, hanno deciso di seguirla. Sono stati trovati privi di conoscenza nella loro auto, chiusa in garage. Portati d’urgenza in ospedale, hanno lottato per giorni, ma il destino sembrava già segnato. Cristina è morta nove giorni dopo, Alessandro tre giorni fa, nel reparto di rianimazione dell’ospedale San Luigi.
L’ultima intervista: il trauma riemerso con la terapia
A parlare all’Eco del Chisone era stato il padre: “Venne alla luce con attacchi di panico, ansia, insonnia, incubi. Chiese aiuto. Venne supportata inizialmente da una brava psicologa, poi da un ottimo psicoterapeuta con la collaborazione di uno psichiatra del servizio pubblico e poi ancora da un’altra psicoterapeuta molto brava con cui Chiara aveva un rapporto di amicizia”. Al padre una volta aveva detto: “Sarebbe meglio il cancro: quello potrei toglierlo, questo no”. E si era scoperta l’identità dell’abusatore: “Come emerge dalle parole di Chiara e dalle testimonianze dei professionisti che l’hanno avuta in terapia, il responsabile era un parente insospettabile, che viveva con noi a Pasta di Rivalta, morto anni fa per un tumore ai polmoni”. Dopo anni i genitori raccontavano della scelta drastica della figlia parlando di “omicidio psichico”: “Storie mai raccontate fatte di silenzio e di dolore. Parole non dette che fanno parte di questo infinito mondo sommerso. Oggi vorrei dare voce a queste vicende. Suicidio è, in questi casi, un termine inesatto. Chi pone fine alla sua vita a causa di una violenza è vittima di un “omicidio psichico” e il suo aguzzino è un assassino. Ancora oggi, se il reato di abuso o molestia contro un minore è antecedente di dieci anni alla denuncia o al ricordo del fatto, questo cade in prescrizione e il responsabile non è perseguibile”.
Un paese sotto shock
Orbassano, dove Alessandro era un medico stimato, è sotto shock. La vicenda ha colpito profondamente la comunità, che ricorda questa famiglia come unita e amata. La storia di Chiara e dei suoi genitori è un monito su quanto il dolore possa segnare le persone, lasciando ferite difficili da guarire. Questa tragedia familiare ricorda quanto sia importante non sottovalutare il peso della sofferenza psicologica e degli eventi traumatici. La comunità si stringe attorno ai parenti rimasti, cercando di trovare una via per ricordare Chiara, Alessandro e Cristina con amore e rispetto, trasformando il dolore in consapevolezza.