
In un’Europa disorientata e in un’Italia bloccata dalle solite indecisioni politiche, Mario Draghi rimane l’unica vera speranza. Non perché abbia soluzioni perfette, ma perché è l’unico che ha il coraggio di dire le cose come stanno, senza filtri e senza timore di scontrarsi con l’establishment.
Oggi, davanti al Senato, Draghi ha parlato con la sua consueta lucidità: l’Europa è più sola che mai, perché gli Stati Uniti stanno riscrivendo le loro priorità. Trump alza dazi, rivede alleanze e mette in dubbio la NATO, mentre l’Unione Europea continua a dividersi, incapace di costruire una vera difesa comune.
“Abbiamo un mercato unico per i dentifrici, ma non per l’intelligenza artificiale”, ha detto con amara ironia, sottolineando il paradosso di un’Europa che produce una quantità eccessiva di norme, ma resta indietro nei settori strategici. E ancora, con la stessa chiarezza brutale: “La nostra sicurezza è oggi messa in dubbio dal cambiamento nella politica estera del nostro maggior alleato”, evidenziando come la difesa del continente non possa più dipendere dagli Stati Uniti.
Mentre i leader europei si muovono con prudenza calcolata e i governi nazionali si rifugiano in strategie di piccolo cabotaggio, Draghi continua a dire quello che gli altri non osano pronunciare. Non promette miracoli, non cerca consensi facili, ma mette l’Europa davanti a una scelta: diventare autonoma o rassegnarsi all’irrilevanza.
Ha ragione quando dice che il tempo è finito. La crisi energetica, il protezionismo americano, il rischio di una difesa inefficace sono realtà, non scenari lontani. Ma c’è qualcuno, oggi, con la stessa credibilità per imporre queste verità ai governi europei? Se l’Italia e l’Europa lo ignorano, lo fanno a loro rischio e pericolo.