Matteo Salvini sembra ormai deciso a ritagliarsi un ruolo da protagonista in politica estera, spingendosi ben oltre le competenze del suo ministero. Dopo una telefonata con il vicepresidente degli Stati Uniti, ha annunciato una missione ufficiale in America insieme a imprenditori e investitori italiani, con l’obiettivo di rafforzare i legami economici e tecnologici. Ma dietro la facciata diplomatica, si intravede una mossa dal sapore tutto politico.
Salvini, infatti, parla con disinvoltura di satelliti, cooperazione strategica, e connessioni transatlantiche, come se il suo dicastero si occupasse di politica estera o difesa. Il sospetto è che stia cercando di costruirsi un proprio canale internazionale, una piattaforma alternativa con cui accreditarsi come interlocutore autonomo rispetto alla linea ufficiale del governo.
Tutto questo mentre Giorgia Meloni lavora a una delicata agenda internazionale e cerca di consolidare la posizione italiana nel quadro della difesa europea e del sostegno all’Ucraina. Proprio su questo fronte si delinea la divergenza più netta: Salvini non ha mai nascosto la sua contrarietà a un vero riarmo europeo, né l’ambiguità rispetto al pieno appoggio militare a Kyiv. Il suo approccio, più cauto e spesso apertamente critico verso le forniture di armi, si configura come una posizione alternativa all’interno della maggioranza.
La sensazione, sempre meno velata, è che Salvini stia preparando una vera e propria fronda interna, cercando di differenziarsi su dossier chiave come la guerra, la difesa, le alleanze internazionali. L’obiettivo non è solo visibilità, ma anche erosione del consenso interno al governo. In un momento in cui l’Italia avrebbe bisogno di una linea unitaria e riconoscibile, il protagonismo di Salvini rischia di trasformarsi in un fattore di instabilità, con una diplomazia parallela costruita più per sé che per il Paese.
