
I giudici turchi hanno confermato l’arresto e ordinato la detenzione del sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, comparso ieri sera davanti all’udienza preliminare per rispondere a gravi accuse. Tra i capi d’imputazione figurano corruzione e favoreggiamento al terrorismo, un impianto accusatorio che ha sollevato aspre critiche e acceso la miccia della protesta.
Insieme al primo cittadino, sono stati disposti provvedimenti di detenzione per altri 21 imputati, tra cui i suoi stretti collaboratori Murat Ongun e Ali Nuhoglu. Nove degli arrestati sono stati temporaneamente rilasciati, ma l’azione giudiziaria appare destinata a proseguire con forza. Imamoglu si trovava già in custodia da mercoledì, in un clima politico sempre più incandescente.
La piazza si solleva: migliaia in strada contro il governo
La notizia dell’arresto ha scatenato una mobilitazione senza precedenti. A Istanbul, come in molte altre città del Paese, migliaia di persone sono scese in strada gridando slogan contro quella che definiscono una “giustizia piegata al potere”. La figura di Imamoglu, da tempo considerato il principale antagonista del presidente Recep Tayyip Erdogan, è diventata simbolo di un’opposizione che denuncia il progressivo svuotamento delle garanzie democratiche.
Le manifestazioni sono esplose spontaneamente già nella serata di ieri, trasformandosi in cortei che hanno paralizzato interi quartieri. Malgrado i divieti imposti dalle autorità locali, i manifestanti hanno occupato piazze e strade, sfidando la repressione e invocando libertà, trasparenza e rispetto dello stato di diritto.
La repressione e gli scontri con la polizia
La risposta delle forze di sicurezza è stata immediata e durissima. A Istanbul, reparti antisommossa hanno disperso la folla con gas lacrimogeni, proiettili di gomma e cannoni ad acqua. In vari punti della città, i cortei sono stati caricati, dando luogo a scontri violenti. Centinaia le persone fermate: secondo stime non ufficiali, gli arresti sarebbero oltre trecento.
Situazioni simili si sono registrate anche ad Ankara e Smirne, dove la tensione è salita alle stelle. In molti casi, i manifestanti si sono coperti il volto per evitare identificazioni, temendo ritorsioni. I video diffusi dai presenti mostrano scene di panico, urla, corse e arresti eseguiti con brutalità.
Una crisi politica che scuote la Turchia
L’arresto di Imamoglu e la reazione popolare evidenziano una frattura profonda nel tessuto istituzionale turco. La detenzione di un sindaco eletto con ampio consenso, sulla base di accuse considerate da molti come strumentali, viene letta come un segnale di allarme per la tenuta democratica del Paese.
Il caso ha assunto rapidamente un significato più ampio, trasformandosi in un movimento di resistenza civile che supera le divisioni partitiche. In gioco non c’è solo il destino personale di Imamoglu, ma la possibilità stessa di un’alternativa politica in vista delle prossime elezioni. I suoi sostenitori hanno ribadito che, anche dietro le sbarre, resterà il candidato dell’opposizione.
Un futuro incerto
Con le piazze che non accennano a svuotarsi e le forze di sicurezza schierate in ogni angolo della metropoli, la situazione appare in rapida evoluzione. In molti temono un’escalation della repressione, mentre altri vedono nelle proteste un risveglio politico che potrebbe segnare una svolta.
La capitale economica della Turchia, simbolo della modernità e del pluralismo, vive oggi uno dei suoi momenti più bui. Le prossime ore saranno decisive per capire se l’arresto di Imamoglu sarà l’inizio di un nuovo capitolo di repressione o l’avvio di una reazione popolare destinata a lasciare il segno.