
ROMA – Il taglio dell’Irpef c’è stato, ma per molti italiani i vantaggi sono già svaniti. Una serie di simulazioni effettuate dal Caaf Cgil rivela infatti che l’acconto Irpef calcolato con i vecchi parametri fiscali – nonostante le nuove aliquote siano in vigore da gennaio 2024 – comporterà un aumento della pressione fiscale per milioni di contribuenti. La cifra è netta: 4,3 miliardi di euro. Esattamente il costo della riforma che ha ridotto l’aliquota dal 25% al 23% per il secondo scaglione e aumentato le detrazioni per i redditi più bassi.
Secondo la Cgil, si tratta di una “partita di giro” in cui lo Stato restituisce con una mano ciò che sottrae con l’altra. Un’operazione definita “una riforma virtuale” dal segretario confederale Christian Ferrari, che punta il dito contro il meccanismo retroattivo adottato per il calcolo degli acconti: si utilizzano infatti le vecchie aliquote del 2023, più alte e con detrazioni inferiori, per verificare l’esistenza di un debito d’imposta, anche se non più valido.
Le simulazioni del Caaf Cgil mostrano casi emblematici, come quello di una pensionata con 27.800 euro di reddito, casa di proprietà e un figlio disabile a carico: il 730 precompilato da parte dell’Agenzia delle entrate trasformerà la sua dichiarazione a zero imposte in un debito di 260 euro.
Il peso dell’acconto varia in base ai redditi: dai 75 euro per chi supera la no tax area fino a 15 mila euro, ai 100 euro tra 15 e 28 mila, ai 260 euro per i redditi più alti. In totale, 2,8 miliardi saranno versati in eccesso da lavoratori e autonomi e 1,5 miliardi dai pensionati, che dovranno attendere fino a un anno per la restituzione, in un’operazione che la Cgil definisce un “prestito a tasso zero” allo Stato.
A monte della polemica, resta il nodo della trasparenza. I tecnici di Camera e Senato avevano già espresso dubbi sul decreto legislativo 216, chiedendo al governo di chiarire l’impatto per cassa del provvedimento. Nessuna risposta è però arrivata nella relazione tecnica, lasciando aperti interrogativi sulla scelta di estendere la norma a due anni fiscali, 2024 e 2025.
A sollevare il caso in Parlamento sarà anche il Pd. Maria Cecilia Guerra, responsabile lavoro del partito, annuncia un’interrogazione al governo, preoccupata per le conseguenze future: “Nel 2026 ci sarà un ammanco nel bilancio dello Stato, perché dovranno restituire quanto preso: il governo dica di quanto”.