
In Italia si continua a parlare di bipolarismo, come se fossimo ancora incatenati all’idea novecentesca di una contesa tra destra e sinistra. È una narrazione rassicurante, utile a mantenere in piedi un sistema mediatico e politico che vive di schemi consumati. Ma è una finzione. Una copertura retorica che impedisce di vedere il vero bivio storico davanti al quale ci troviamo.
Il vero bipolarismo, quello strategico, è un altro. Corre lungo la frattura che separa chi crede davvero nel progetto europeo da chi lo svuota di senso ogni giorno. Da un lato ci sono gli europeisti, che sanno che l’Europa, se vuole sopravvivere, deve diventare adulta, capace di difendersi, di decidere, di investire. Dall’altro, i neo-nazionalisti e i pacifisti dogmatici, spesso apparentemente distanti tra loro, ma in realtà uniti da un comune obiettivo: impedire che l’Unione europea diventi un soggetto politico indipendente e autorevole.
Perché un’Europa che non si arma è un’Europa che si condanna all’irrilevanza. E un’Europa irrilevante è, nei fatti, una colonia. O degli Stati Uniti, o della Russia, o della Cina, o di chiunque voglia approfittare del nostro disarmo strategico. Continuare a illudersi che la pace si difenda semplicemente non parlando di armi significa tradire le lezioni della storia. È esattamente questa illusione ad aver reso l’Europa incapace di affrontare le crisi, vulnerabile alle aggressioni esterne, e paralizzata quando si tratta di difendere i propri interessi vitali.
Chi oggi si ostina a denunciare ogni passo verso una difesa europea come un atto di militarismo, di fatto lavora per mantenere il continente nella sua condizione coloniale. Chi, invece, sostiene la necessità di costruire una forza comune europea, non lo fa per amore della guerra, ma per senso della realtà. Senza autonomia militare, non esiste autonomia politica. E senza autonomia politica, l’Unione europea non è una potenza, ma solo una bella idea inchiodata ai suoi limiti.
Il conflitto che conta, oggi, è tra chi vuole che l’Europa sia padrona del proprio destino e chi preferisce che resti eternamente sotto tutela. È in questo schema che troviamo, paradossalmente, Elly Schlein e Matteo Salvini dalla stessa parte, accomunati dalla recente opposizione al piano di difesa comune proposto da Ursula von der Leyen: la prima in nome del pacifismo, il secondo nel solco del sovranismo. Ogni altra contrapposizione è rumore di fondo.