
Se la politica fosse un reality show, Donald Trump sarebbe probabilmente il protagonista più popolare della serie. Peccato, però, che le relazioni internazionali non siano esattamente un format televisivo a premi. Quando il Presidente degli Stati Uniti afferma candidamente che gli altri leader mondiali gli «leccano il culo», non solo degrada la carica che ricopre, ma conferma quanto la sua visione del mondo sia ristretta all’arroganza del potere personale.
Trump sembra confondere la diplomazia con un volgare esercizio di prepotenza. Si comporta come se stesse negoziando contratti immobiliari tra Miami e Las Vegas, ignorando che, sulla scena globale, il rispetto è una moneta molto più preziosa e fragile del dollaro. Il rischio è che gli Stati Uniti, che lui dice di voler rendere «grandi di nuovo», finiscano per sembrare piuttosto «piccoli di nuovo» agli occhi della comunità internazionale.
Del resto, a forza di dimostrare arroganza e strafottenza, Trump rivela l’esatto contrario della grandezza: appare per ciò che è, un piccolo uomo gonfio solo di ego. Altro che grandezza, siamo di fronte alla meschinità del potente che, incapace di elevarsi, abbassa il resto del mondo al proprio livello.
Sarà forse ora che qualcuno, nel suo entourage, gli ricordi che essere presidente non gli conferisce il diritto di umiliare il resto del mondo con linguaggio da bullo di quartiere. Perché prima o poi i «leccatori» potrebbero stancarsi, lasciando Trump tristemente solo con la sua arroganza. E allora potrebbe scoprire che a forza di essere insultati, gli altri leader mondiali non chiameranno più per negoziare, ma forse soltanto per ridergli in faccia.