
La notizia di una moratoria di tre mesi sui dazi reciproci è arrivata come una carezza inattesa per Giorgia Meloni, al termine di una giornata segnata da scosse diplomatiche e gaffe internazionali. Prima, il colpo basso: una volgarità firmata Donald Trump, indirizzata genericamente a quei Paesi che “farebbero la fila per baciargli il deretano”. Poi, l’incidente diplomatico con la Francia, che per alcune ore ha accusato la premier italiana di voler rompere il fronte europeo pur di trattare da sola con gli Stati Uniti.
Parigi ha successivamente rettificato le parole del ministro Marc Ferracci, ma l’episodio ha alzato la temperatura nei corridoi diplomatici europei. È stato solo in serata, alle 19:30, che è arrivata una boccata d’aria da Washington: l’inquilino della Casa Bianca ha fatto marcia indietro, accendendo una timida speranza a Palazzo Chigi.
Meloni verso Washington, tra diplomazia e incognite
Il 17 aprile, Meloni volerà per la prima volta in visita ufficiale a Washington. Un viaggio ad alto rischio politico, che la premier affronta con prudenza: “Non ho la palla di vetro, da qui al 17 può succedere di tutto”, avrebbe confidato ai suoi.

L’imbarazzo per l’uscita di Trump è palpabile anche tra i membri del governo. In molti, in forma anonima, si interrogano su quanto più gestibile sarebbe stato un confronto con Kamala Harris. Ma ora si guarda avanti. Il ministro Antonio Tajani ha assicurato che Meloni entrerà nello Studio Ovale “con la schiena dritta e i nervi saldi”, pronta a dialogare senza sudditanza e con uno spirito pragmatico: “Guardiamo alla sostanza, non alle parolacce”.
Una trattativa “per l’Italia”, non per l’Europa
La premier, riferiscono fonti interne, volerà a Washington “per negoziare, ma non a nome dell’Europa”. Nessun mandato formale da parte della Commissione UE, anche se è stato confermato un recente colloquio con Ursula von der Leyen. Circolano voci su un contatto diretto tra Meloni e Trump, che però lo staff italiano non conferma.
L’annuncio della tregua doganale ha già fatto saltare due delle tre “carte” che Meloni avrebbe giocato: la richiesta di una tregua o almeno di un dimezzamento dei dazi. Resta la più ambiziosa: l’idea del “zero per zero”, nessun nuovo dazio da entrambe le parti. Un obiettivo difficile, ma che ora non appare più irraggiungibile.
NATO, Green Deal e investimenti: tutti i dossier sul tavolo
Il viaggio si preannuncia come una visita bilaterale “normale”, ma preparata fin nei dettagli da sherpa e diplomatici. I temi sono numerosi: Ucraina, Medio Oriente, rapporti con la Cina, e soprattutto difesa. Meloni confermerà che l’Italia salirà al 2% del PIL nelle spese per la NATO, già dal prossimo giugno.
Poi c’è il capitolo Green Deal europeo, sul quale la premier insisterà per spiegare che la sua opposizione mira anche a favorire l’automotive americano. E non mancheranno le richieste per vantaggi concreti per l’Italia, sia sul fronte dei dazi, sia su quello degli investimenti esteri.
Tensioni politiche e attacchi dall’opposizione
Nel frattempo, l’opposizione affila le armi. Il dem Francesco Boccia ironizza su una premier pronta a partire “col cappello in mano”, mentre Matteo Renzi insinua che finirà “nell’elenco dei baciatori” evocato da Trump. Ma il centrodestra fa quadrato. Il ministro Luca Ciriani ammette che il clima è «ostile», ma resta fiducioso: “Giorgia andrà negli Stati Uniti per difendere gli interessi dell’Italia, ma anche per riportare equilibrio nei rapporti tra Europa e America”.