
Dopo la morte di papa Francesco, la Chiesa cattolica si prepara a uno dei momenti più delicati e affascinanti della sua vita istituzionale: l’elezione del nuovo pontefice. Il successore di Jorge Mario Bergoglio non potrà essere un semplice ritorno al passato. In Vaticano, e fuori, c’è una consapevolezza crescente: dopo Francesco non si può più tornare indietro. Sarà necessario un erede spirituale, non tanto nel nome — sebbene molti fedeli sognino un “Francesco II” — quanto nei gesti e nello spirito. Un papa capace di raccogliere il testimone di una riforma iniziata nei gesti e nei toni prima ancora che nei documenti.
Quello che si profila è un conclave apertissimo, inedito. Non c’è un “dominus” come Joseph Ratzinger nel 2005, né un outsider ben posizionato come Bergoglio nel 2013. Il collegio cardinalizio è più frammentato che mai, e la geografia della fede cattolica suggerisce nuove direzioni. Dopo l’Europa con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, e l’America Latina con Francesco, si guarda con crescente interesse a Africa e Asia, continenti in cui la Chiesa cresce con slancio e vitalità. Un nome in particolare torna spesso: Luis Antonio Tagle, cardinale filippino con radici cinesi, già considerato un possibile “ponte” tra Oriente e Occidente.

L’ipotesi italiana, tra nostalgia e necessità
Ma proprio in un mondo diviso, la figura di un Papa italiano torna a farsi strada, non come rivendicazione patriottica, ma come possibile punto di equilibrio. Dopo quasi mezzo secolo senza un pontefice nato in Italia, almeno due generazioni di fedeli non ne hanno conosciuto uno. E nella complessità geopolitica e spirituale odierna, un Papa italiano potrebbe rappresentare una scelta di stabilità, capace di parlare a una Chiesa frammentata ma ancora molto legata a Roma.
Tra i candidati italiani più accreditati spiccano due figure molto diverse ma complementari. Il primo è Pietro Parolin, veneto, segretario di Stato vaticano, uomo dal profilo basso e dai modi pacati. Diplomatico esperto, è noto per aver negoziato l’accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi. Il secondo è Matteo Zuppi, romano, presidente della Conferenza episcopale italiana, già parroco di strada, vicino alla comunità di Sant’Egidio. È un uomo che incarna l’anima più pastorale della Chiesa bergogliana, capace di parlare alle periferie e ai centri del potere con lo stesso linguaggio evangelico.

Le sorprese possibili: Pizzaballa e altri nomi
Un altro nome che circola con insistenza è quello di Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, francescano, bergamasco, uomo del dialogo tra cristiani, ebrei e musulmani. La sua figura ha il fascino della frontiera, ma anche lo “svantaggio” dell’età: a soli 60 anni, potrebbe essere considerato troppo giovane. Stesso discorso vale per altre figure brillanti e preparate come il portoghese José Tolentino de Mendonça, poeta e teologo di grande spessore, e Mauro Gambetti, già custode del Sacro Convento di Assisi. Il rischio, per alcuni cardinali, è eleggere un papa che potrebbe durare troppo a lungo.
Un conclave che sentirà anche il peso della vecchia guardia
Pur non essendo più elettori, alcuni nomi italiani storici avranno un’influenza indiretta. Il cardinale Giovanni Battista Re, decano del collegio, sarà figura di riferimento. Così come Gianfranco Ravasi, intellettuale e biblista di fama internazionale, e Angelo Scola, che nel 2013 sembrava il successore designato di Ratzinger. Ma a frenare Scola furono allora le divisioni interne al fronte italiano: una lezione che potrebbe pesare anche in questa tornata.

La lezione del 2013 e l’ombra lunga di Francesco
Il 2013 insegnò che il futuro del papato può prendere direzioni inattese. Allora, la mancata riuscita del pontificato di Ratzinger spinse i cardinali a cercare una svolta. Bergoglio si rivelò una sorpresa dirompente, andando ben oltre il mandato ricevuto. Oggi i cardinali potrebbero agire con maggiore prudenza, scegliendo una figura di continuità che non rompa ma prosegua nel solco tracciato da Francesco. Tuttavia, non si intravede ancora una personalità carismatica come quella dell’argentino.
Nelle prossime settimane, Roma sarà di nuovo la capitale spirituale e simbolica del pianeta. Prima con l’arrivo dei capi di Stato per il funerale di Francesco, che ha voluto essere seppellito nella nuda terra, lontano dal Vaticano. Poi, con l’attenzione globale puntata sul conclave, un evento che unisce mistero, storia e politica. In un’epoca di crisi dell’Occidente, l’elezione del nuovo Papa — che sia italiano o no — avrà un impatto profondo. Ma la vera eredità da raccogliere sarà quella spirituale: un Francesco II nei fatti, capace di tenere viva la rivoluzione delle periferie e dell’umiltà.