
Le divergenze tra la proposta americana e quella europea per porre fine alla guerra in Ucraina sono ormai palesi, lasciando un tavolo negoziale sempre più fragile. Da un lato, gli Stati Uniti – guidati dal presidente Donald Trump – spingono per una risoluzione rapida in accordo con Mosca; dall’altro, l’Europa e Kiev insistono su condizioni più rigide, senza concessioni territoriali. Trump arriva oggi a Roma, in un contesto di grande significato simbolico, per i funerali di Papa Francesco. L’incontro con i leader europei e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sarà cruciale per evitare che le divergenze possano far saltare un possibile accordo. Nel frattempo, l’inviato speciale Usa, Steve Witkoff, è di nuovo a Mosca per ulteriori negoziati con il presidente russo Vladimir Putin.
Le divergenze sulle proposte territoriali e sulle sanzioni
Secondo documenti ottenuti in esclusiva da Reuters, le differenze tra i due schieramenti si concentrano principalmente su alcune questioni cruciali. La prima riguarda il territorio. Gli Stati Uniti propongono il riconoscimento de jure della Crimea come territorio russo, oltre al controllo de facto sulle aree dell’Ucraina meridionale ed orientale occupate dalle forze di Mosca. Invece, l’Europa e l’Ucraina vogliono rimandare ogni discussione territoriale alla fine del cessate il fuoco, rifiutando qualsiasi riferimento al riconoscimento del controllo russo su territori ucraini. La questione delle sanzioni è un altro punto di frizione: mentre gli Stati Uniti vorrebbero la loro rimozione immediata con un accordo di massima, l’Europa insiste su un allentamento graduale, da attuarsi solo dopo il raggiungimento di una pace sostenibile.
A complicare ulteriormente il negoziato c’è la questione delle garanzie di sicurezza. Mentre gli Stati Uniti offrono garanzie generiche da “Stati amici”, l’Europa e Kiev chiedono un accordo vincolante simile all’articolo 5 della Nato. Infine, Washington sembra non essere disposta a fare concessioni sul limite delle forze armate ucraine, mentre l’Europa rifiuta ogni restrizione.
Le dichiarazioni di Trump e le reazioni politiche
Le dichiarazioni di Trump, durante un’intervista, hanno alimentato ulteriormente il dibattito. Il presidente ha ribadito che la Crimea resterà alla Russia e ha attribuito la causa della guerra alla richiesta di Kiev di aderire alla Nato. Il piano americano sembra includere la cessione di circa il 20% del territorio ucraino, ma l’Ucraina e l’Europa si oppongono fermamente a questa proposta. Nel frattempo, la Gran Bretagna e la Francia si preparano a rivedere il loro ruolo nel conflitto. Se Londra è pronta ad abbandonare l’idea di inviare truppe sul terreno, concentrandosi piuttosto sul rafforzamento dell’esercito ucraino con supporto aereo e marittimo, la Francia potrebbe mantenere un approccio più muscolare, pur cercando un compromesso per evitare il collasso dei negoziati.
Le recenti parole di Vitali Klitschko, sindaco di Kiev, hanno scosso ulteriormente la scena politica ucraina. Klitschko ha suggerito che la cessione di territori alla Russia potrebbe essere una “soluzione temporanea” per raggiungere la pace. La proposta ha suscitato l’irritazione di Serhiy Leshchenko, consigliere di Zelensky, che ha sottolineato l’importanza di mantenere l’unità politica attorno al presidente ucraino, evidenziando le implicazioni legali di una simile mossa.
Con Trump pronto a incontrare i leader europei e Zelensky a margine dei funerali di Papa Francesco, la situazione rimane tesa e incerta. Il rischio è che la mancanza di un’intesa su una soluzione condivisa possa prolungare il conflitto e complicare ulteriormente le relazioni internazionali, con gravi conseguenze per la sicurezza globale.